Appuntamento con il mito: Saturno incontra Giove

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Tentare di collegare ciò che accade nel cielo con le vicende umane è un gioco che è stato fatto molto a lungo, da prima che esistesse la scrittura. Gli esseri umani erano soliti chiarire a loro stessi il movimento ordinato degli raccontandolo in forma mitica e, viceversa, nascondendo dentro ogni mito la reale origine stellare. Accorgersi o essere a conoscenza di questa correlazione divina significava essere degli iniziati, vedere la realtà con occhi diversi.

Tra i molti eventi astronomici che sono stati oggetto di grande considerazione tra i saggi di ogni era, la grande congiunzione tra Giove e Saturno – che si ripeterà il prossimo 21 dicembre – è stata uno di quelli più studiati e temuti della storia dell’umanità, fin da quei primi popoli della Mesopotamia che scorgevano nei fenomeni celesti chiari segni della volontà divina. Dopo un avvicinamento che è durato mesi la distanza apparente dei due giganti del sistema solare comincerà a ridursi, fino a quando non appariranno a sudovest abbracciati nella costellazione del Capricorno, in quella che sarà la congiunzione più stretta degli ultimi quattrocento anni. In passato la congiunzione Saturno-Giove permetteva di scandire con regolarità intervalli di tempo molto lunghi: sotto la spinta degli astronomi dell’impero sassanide è l’astronomo persiano Abu Ma’shar al-Balkh, con la sua teoria delle Grandi Congiunzioni, a studiare gli effetti degli incontri dei due pianeti e a ipotizzare che i loro passaggi ritmassero i grandi eventi dell’umanità. Fervente sostenitore delle tesi di Albumasar era Johannes Stöffler, astronomo tedesco, che nel 1524 predisse un nuovo diluvio universale causato dalla congiunzione in Pesci: la recente diffusione della stampa contribuì a gettare nel panico i cittadini terrorizzati di mezza Europa.

Secondo la tradizione Saturno, il guardiano della soglia, ultimo pianeta visibile a occhio nudo del sistema solare e quindi quello più vicino alle stelle fisse, detta il tempo all’universo e, insieme a Giove, detta il tempo delle precessioni equinoziali, della lunga durata di 26000 anni e collegate da sempre a grandi aspettative messianiche.

In effetti l’incontro di Giove e Saturno non avviene solo in cielo: lo si ritrova infatti nell’arte, nella letteratura e nella mitologia, ha scandito gli anni e atterrito popoli, pronosticato sventure e accompagnato imperi, arrivando perfino a essere indicato in più occasioni come la causa diretta delle pestilenze.

Per esempio è Don Ferrante, negazionista ante litteram, che nei Promessi sposi attribuisce alla congiunzione dei due astri la peste del 1630: «La neghino un poco, se possono» dice, «quella fatale congiunzione di Saturno con Giove». Oppure a qualcuno suonerà familiare la terribile ondata di peste nera del 1346, che si diceva provenisse dalla Cina sotto la congiunzione di Saturno e Giove in Acquario e che fino al 1351 uccise più di venti milioni di persone. Giove e Saturno che si rincorrono sono stati oggetto di adorazione nei culti astrali: la loro identificazione con Zeus e Crono, o con gli Enki e Marduk mesopotamici, raccontava una storia celeste che parlava della creazione del mondo e della sua distruzione, di come la realtà si strutturava. Avveniva in maniera ordinata, dopo un numero prestabilito di anni, perché era una cosa che era possibile contare e perché nel tempo ciclico tutto doveva tornare e ricominciare da capo. È questo che sembrano pensare i protagonisti del celebre dipinto Tre filosofi, di Giorgione, che se ne stanno a guardare il cielo mentre tra le mani i loro scritti è probabile che si riferiscano alla grande congiunzione del 1504, evento che lo stesso pittore riprese anche negli affreschi del Fregio.

Fu invece il padre della moderna astronomia, Johannes Kepler, osservando la congiunzione del 1603, a ipotizzare che la stella della natività che guidò i Re Magi dal Messia appena nato potesse essere l’effetto ottico della grande congiunzione di Giove e Saturno, avvenuta tre volte nel 7 a.C. nella costellazione dei Pesci. Anche se questa ipotesi è ancora dibattuta dagli studiosi, certo è che una triplice congiunzione di questo tipo è un evento molto raro: l’ultima volta era accaduta all’inizio del IV millennio a.C., proprio quando la Bibbia comincia a datare la creazione del mondo.

Studiando la storia delle congiunzioni e di come esse si sono susseguite sembra che il tempo dell’universo venga messo in moto o rallentato dai due pianeti. La loro congiunzione ha rappresentato e rappresenta ancora, per la storia del mondo, eventi dai significati terribili. Anche oggi, in un’epoca in cui gli influssi dei pianeti ci arrivano come echi di tradizioni antiche, ci troviamo a un crocevia: un tempo finisce e uno nuovo arriva, e a guardarci affannati a comprenderne le ragioni e a cavare i significati di quanto accade, ci sono ancora Giove e Saturno, che silenziosi e immutabili procedono lungo le loro orbite, accompagnando da sempre l’umanità fin dall’inizio dei tempi, disegnando negli occhi di chi li guarda speranze e timori per il futuro.

 

Questo articolo è uscito, con qualche leggera modifica, sul numero 471 della Lettura del Corriere della Sera del 6/12/2020

Comment (1)

  1. QUEL CHE (MI) RESTA DI QUESTO 2020 - SEMI yoga.arte.storie

    Dicembre 31, 2020 at 13:21

    […] articolo apparso in La Lettura del Corriere della Sera, Matteo Trevisani […]

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